La liturgia tantrica propria del Buddhismo Tibetano richiede l’impiego di alcuni particolarissimi oggetti, alcuni dei quali – come lame, pugnali e teschi – possiedono un aspetto decisamente inquietante, e figurano spesso come attributi di divinità terrifiche.
In realtà tutte le armi impugnate dalle divinità tantriche sono oggetti sacri del Buddhismo Tibetano simbolicamente rivolti contro le forze del male, personificazione di nemici interiori che ostacolano il cammino del praticante. E’ lo stesso motivo per cui molte divinità tibetane sono raffigurate spesso come spaventose, terrifiche o irate.
Anche alcuni strumenti musicali utilizzati nei rituali hanno aspetto ed origini sinistre: possono essere ricavati da ossa animali o umane, come le piccole trombe – kangling – intagliate dai femori.
In realtà il simbolismo e l’impiego rituale di tali oggetti sacri del Buddhismo Tibetano non è ancora del tutto conosciuto, anche se secondo la maggior parte degli studiosi il loro utilizzo si ricollega a un’idea fondamentale di trasformazione e di sacrificio (metaforico) di alcune parti di sé. E’ opportuno ricordare come l’antica religione Bon, presente in Tibet prima dell’arrivo del Buddhismo dall’India, fosse di tipo “magico” e sciamanico, legata anche a rituali oscuri che prevedevano sacrifici animali: probabilmente molta parte di questa antica spiritualità si è poi riversata in questa originalissima versione del Buddhismo.
Vajra e Ghanta sono gli oggetti sacri del Buddhismo Tibetano più carichi di valori simbolici, oltre che probabilmente i più conosciuti, ma si annoverano anche:
- il coltello a lama ricurva – o Kartika – che simboleggia il taglio dei legami materiali con il mondo e la distruzione dell’ignoranza
- la coppa cranica – o Kapala – usata come contenitore di offerte.
- i teschi umani intagliati: si tratta probabilmente di oggetti più antichi, risalenti alle tradizioni sciamaniche.
Vajra e Gantha: fulmine e campana
Il vajra (sanscrito) – in tibetano dorje – è il simbolo del fulmine, molto presente nell’arte sacra tibetana e legato ad uso magici.
Significa sia “fulmine” sia “diamante”: nella originaria mitologia induista il vajra – fulmine – viene impugnato come arma dal dio Indra.
Nell’iconografia Buddhista – sia in pittura che in scultura – il vajra ha sempre la forma di una piccola sfera centrale con ai lati, posti simmetricamente, due loti a otto petali sormontati da denti che si congiungono poi in asse tra loro. La sfera centrale simboleggerebbe il Vuoto, da cui ha origine la realtà fenomenica – simboleggiata dai denti – che successivamente torna a fondersi nuovamente col vuoto.
I due loti rappresenterebbero i poli opposti di Nirvana e Samsara.
L’elemento fondamentale del simbolismo del vajra è dunque il concetto di Vuoto, considerato la natura stessa dell’Illuminazione, istantanea come il fulmine e indistruttibile come il diamante. Questo concetto verrà ad assumere un carattere così centrale nella speculazione Buddhista da dare il nome alla terza grande trasformazione del Buddhismo con la scuola Vajrayana – “Veicolo di Diamante” – dopo le precedenti correnti Hinayana e Mahayana.
La scuola Vajrayana sarà poi quella che principalmente influenzerà il Buddhismo in Tibet.
Il vajra è considerato un elemento “maschile”, la cui controparte “femminile” è rappresentata dal ghanta – la campana. Con il vajra nella destra e la ghanta nella sinistra, tenendo le mani incrociate sul petto e recitando il mantra Om si ottiene una mudra specifica detta vajrahumkaramudra.
Esiste anche un Mantra di tradizione tantrica e che porta questo nome: il Mantra dell’Armatura di Diamante, considerato uno dei mantra di protezione più potenti.
Alcuni Bodhisattva sono identificati proprio dal fatto di essere Vajrapani – ossia “portatori del Vajra o Scettro di Diamante”; l’attributo Vajrapani costituisce anche un titolo onorifico riservato agli iniziati avanzati del Buddhismo tantrico.
Phurbu : il pugnale rituale tibetano
Il phurbu è un elaborato pugnale usato nei rituali per trafiggere i demoni e, secondo la tradizione, portato in Tibet proprio da Padmasanbhava, per pacificare ed esorcizzare il suolo dove avrebbe dovuto sorgere il monastero di Samye. Oggi è particolarmente utilizzato nelle danze rituali.
Questo pugnale rituale a triplice lama – usato negli esorcismi contro i demoni – ha probabilmente un’origine antica legata ai picchetti usati per consacrare la terra: in questo modo si credeva di poter immobilizzare le potenze sotterranee prima della costruzione di un altare o di un tempio.
Non sembra casuale che nei templi degli dei protettori si possano trovare altari speciali consacrati per mezzo di 108 phurbu, posizionati in modo da formare una specie di magica protezione contro le forze nemiche. Uno di questi luoghi è la grotta sotterranea di Taktsang Lhakhang vicino a Paro, in Bhutan, una delle località principali dell’agiografia di Padmasambhava.
Liberamente tratto da N. Celli, Dizionari delle religioni – Buddhismo, Mondadori Electa, 2006
e da Humphreis, Dizionario Buddhista, Ubaldini editore, Roma, 1981
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