Titolo originale: Dasannaka-Jataka, n.401
In una delle sue vite il bodhisattva divenne consigliere del Re Maddava di Benares, e la sua saggezza era nota fin negli angoli più remoti del regno.
Accadde un giorno che il figlio del capo dei sacerdoti di Maddava si innamorasse perdutamente della prima moglie del Re: tale era il suo amore che non riusciva più né a mangiare, né a bere e neanche ad alzarsi dal suo giaciglio.
Non avendolo veduto per qualche giorno, il Re chiese sue notizie e, appreso il motivo dell’assenza, lo fece chiamare.
“Ascoltami” gli disse con gentilezza “puoi avere mia moglie per sette giorni. All’ottavo però, me la dovrai riportare” .
Il giovane acconsentì felice e si allontanò con la consorte del re.
Accadde però che anche la moglie del Re si innamorò perdutamente del giovane e i due decisero di fuggire insieme: a notte fonda lasciarono la città, diretti in un paese lontano.
Il Re si dispiacque moltissimo per la perdita della Regina: si ammalò talmente gravemente da far temere per la sua vita. Allora in bodhisattva si sentì in dovere di aiutarlo, facendolo tornare in sé e quindi guarendolo.
Si mise d’accordo con alcuni saggi ministri affinché riunissero davanti al palazzo un gruppo di saltimbanchi che si sarebbero esibiti in numeri di destrezza. Tra questi era essenziale che ci fosse un mangiatore di spade. Inoltre avrebbero dovuto fare in modo che il re si affacciasse alla finestra proprio nel momento in cui si fosse esibito il mangiatore di spade.
I ministri seguirono le istruzioni del bodhisattva e pregarono il Re di assistere dalla sua finestra allo spettacolo dei saltimbanchi. Quando venne il turno del mangiatore di spade, il Re esclamò pieno di ammirazione al bodhisattva, che era accanto a lui: “Che cosa incredibile! Esiste forse qualcosa di più difficile di questo pezzo di bravura? ”
Sanaka – così si chiamava il bodhisattva – rispose: “Ingoiare una spada affilata, capace di spargere sangue umano, solo per avere in cambio dei soldi, è certamente una cosa difficile. Ma assai più difficile è voler regalare qualcosa che ci è caro a qualcuno” .
Quando il Re udì queste parole, pensò: “Ha ragione. Io ho voluto regalare qualcosa che mi stava molto a cuore!” e subito iniziò a stare un po’ meglio.
Poi però cominciò a riflettere se ci fosse qualcosa di ancora più difficile del volre regalare qualcosa di caro, e rivolse la nuova domanda a Sanaka.
“Si” rispose questi “ancor più difficile è lasciar andare veramente quello che ci sta a cuore”.
“E’ esattamente quello che io ho fatto!” pensò il re ancora una volta. E si sentì già un bel po’ meglio di prima.
Poi però chiese nuovamente al suo consigliere: “Infine, saggio amico, esiste qualcosa di ancora più difficile di questo? ”
Il bodhisatva replicò:
“L’uomo può donare ciò che ha avuto in dono,
che si tratti di un regalo piccolo o di uno grande;
ma dare senza rimpiangere:
questa è la cosa più difficile di tutte.
Facile è invece tutto il resto,
credimi, o Maddava”.
All’ udire queste parole, il Re pensò: “Ho dato al figlio del sacerdote la moglie a me più cara, ed ora non riesco a sopportare di averla lasciata andare. Ma se mi avesse amato, non sarebbe fuggita con lui. Dunque, cosa m’importa ancora di lei? ”.
E in quel preciso momento il dolore gli scivolò via come una goccia d’acqua su una foglia di loto, e anche la sua malattia si dissolse come nebbia. Ringraziò il suo saggio consigliere e non sprecò più alcun pensiero per la sua perdita.
Virtù associata: generosità e non attaccamento
Gli spunti di riflessione presenti in questo jataka sono davvero numerosissimi. Il motivo del non attaccamento e del lasciar andare è certamente centrale, riferito non solo alle cose belle – la Regina – ma anche rispetto ai pensieri negativi – il senso di perdita e la delusione che accompagnano alcune nostre esperienze di vita.
E’ interessante inoltre come la malattia sia presentata come indissolubilmente legata a pensieri ed emozioni negative, non assimilate e non controllate: nel momento in cui cambia il nostro atteggiamento verso la realtà, la realtà stessa cambia.
Tagliare e rilasciare tutti i legami energetici che ci connettono a esperienze negative passate non solo ci permette di riflettere con maggiore chiarezza sulle situazioni, consentendoci una più accurata percezione degli accadimenti, ma ci consente anche di guardare al futuro senza pregiudizi, pronti ad accogliere ciò che di positivo ci aspetta.
C’è una frase del Buddha che riassume proprio questo concetto e che trovo bellissima:
“Alla fine solo tre cose contano: quanto hai amato, come gentilmente hai vissuto e con quanta grazia hai lasciato andare cose non destinate a te”.
Un altro jataka che tratta di generosità, in questo caso con riferimento ai meriti e crediti karmici, è “I pappagalli e il campo di riso“.
Tratto da D. e G. Bandini, Quando Buddha non era ancora il Buddha, Feltrinelli, Milano, 2008.
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