A completamento dell’approfondimento sul Dalai Lamato, mi sembra opportuno riportare di seguito, in breve, i profili dei 14 Dalai Lama succedutisi fino ad oggi.
Questo potrà offrire al lettore una panoramica sintetica della storia di questa istituzione attraverso quella dei suoi rappresentanti, spesso figure di grandissimo carisma e importanza politica, ma anche segnata da complotti e misteri e caratterizzata, non infrequentemente, da morti molto precoci e sospette.
Per maggiore semplicità e chiarezza, ho diviso le biografie in quattro grandi gruppi:
- Le origini del Lignaggio: dal 1° al 3° Dalai Lama
- Il consolidamento politico e la fioritura culturale: dal 4° all’ 8° Dalai Lama
- Il periodo buio: dal 9° al 12° Dalai Lama
- L’apertura la mondo e l’esilio: 13° e 14° Dalai Lama
Primi tre Dalai Lama: le origini del lignaggio
Il 1° Dalai Lama Gendun Drup (1391 – 1474) era di origini umili e proveniva da una famiglia di pastori nomadi. Dopo la morte del padre, venne affidato alle cure di uno zio monaco, che lo istruì al buddhismo, fino a prendere i voti completi. Nel 1415 incontrò Tsongkhapa, fondatore della scuola Gelugpa – uno degli indirizzi più moderni del Buddhismo Vajrayana – e ne divenne l’allievo prediletto: questo evento sarà carico di conseguenze storiche e politiche in quanto, proprio in virtù di questo incontro, Gendun Drup verrà successivamente riconosciuto con il 1° Dalai Lama.
Grazie alla sua enorme cultura venne insignito del titolo di Panchen “Allievo Prediletto” che verrà successivamente utilizzato per designare i primi e più vicini collaboratori dei Dalai Lama. Fu anche conosciuto come il “Perfezionatore del monachesimo”, e più in generale ci si riferisce a lui anche come Tamchey Khyenpa – l’ “Omniscente” – titolo onorifico che da quel momento in poi verrà esteso a tutti i Dalai Lama successivi.
Cinquantenne, si ritirò in meditazione fino alla sua morte, avvenuta serenamente all’età di 84 anni.
Durante gli anni di ritiro a vita privata compose “La canzone delle Montagne Innevate dell’Est” un poema tra i più conosciuti nella letteratura popolare tibetana, in cui invita a non rispondere con la violenza alla violenza e a coltivare la compassione.
Gendun Gyatso Palzangpo (1475 – 1542) fu il 2° Dalai Lama e visse anch’egli una vita lunga e serena, dedicandosi allo studio e all’insegnamento del Buddhismo. Venne istruito dal padre fino ai 12 anni, poi cominciò la sua vita di studio e viaggi, soprattutto in Asia Centrale.
Sonam Gyatso (1543 – 1588) fu, come racconta la storia del Dalai Lamato, il primo ad essere designato con il titolo ufficiale di Dalai Lama, anche se dal punto di vista del lignaggio risulta essere solo il 3° Dalai Lama.
Di nobili origini, era imparentato con i Sakya – famiglia di origine del Buddha Sakyamuni – ed in effetti fu l’artefice della conversione della Mongolia al Buddhismo. Personaggio di grande cultura e carisma, gradualmente si impose non solo come personalità religiosa ma anche come leader nazionale.
Dal 4° all’8° Dalai Lama: consolidamento del potere politico e fioritura culturale
Il 4° Dalai Lama fu Yonten Gyatso (1589-1617), un monaco di origini mongole imparentato niente di meno che con la potente famiglia del grande Kublai Kan. Questa sua parentela così importante gli costò molti sospetti in quanto molti tibetani temevano ingerenze esterne. Dopo numerosi tentativi di detronizzazione, tutti falliti, Yonten Gyatso morì in circostanze misteriose a soli 27 anni.
Ngawang Lobsang Gyatso fu il 5° Dalai Lama (1617-1682). Alla morte misteriosa e precoce di Yonten Gyatso, il suo attendente personale, Sonam Chophel Rabten, in assoluto segreto, cominciò le ricerche per l’identificazione del successore. Individuatolo, ne divenne il protettore, almeno fino a che non fosse divenuto maggiorenne, assumendo anche un importante ruolo politico che lo portò a rafforzare le antiche alleanze con i mongoli.
Così, grazie al supporto militare mongolo, nel 1622 fu intronizzato a Lhasa, pubblicamente ed ufficialmente come il 5° Dalai Lama.
Sonam Chophel Rabten dimostrò straordinarie abilità politiche e continuò ancora per molti anni ad essere il principale consigliere del 5° Dalai Lama che, in segno di riconoscenza ed amicizia, lo insignì di importanti titoli onorifici. Solo verso la fine degli anni ’30, Lobsang Gyatso si trovò in profondo disaccordo con il suo mentore, che fomentava gli alleati mongoli a continue guerre contro le scuole buddiste avversarie e i seguaci della antica religione Bon-po, biasimandolo pubblicamente per la mancanza di compassione dimostrata.
Grazie al supporto militare mongolo, il Tibet venne finalmente riunificato e Gushi Kan insignito del titolo di Protettore del Tibet: lo stesso conferì quindi piena sovranità spirituale e temporale sul Tibet al 5° Dalai Lama.
Il 5° Dalai Lama, conosciuto come il “Grande Quinto” è una delle personalità più importanti del Buddhismo Tibetano: riuscì infatti nel suo progetto di creare un potente regime ierocratico centralizzato, fondato sulla sovranità della classe sacerdotale, col Dalai Lamato al vertice. Egli stesso venne acclamato come personificazione di Avalokitesvara, sublime protettore del Paese delle Nevi nonché, secondo il mito, progenitore degli stessi Tibetani.
Con un ulteriore atto di meditato valore simbolico, egli fece iniziare la costruzione di una fortezza – sede del Dalai Lamato – sul Poggio Rosso: il monte Potala era infatti tradizionalmente ritenuta la sede di Avalokitesvara, di cui egli stesso era ritenuto un’incarnazione.
La sua morte, avvenuta nel 1682, venne tenuta segreta per ben 15 anni: si affermò che il Dalai Lama fosse assorbito in preghiere e meditazioni, nella ricerca incessante e segreta del suo successore. In realtà questa decisione venne probabilmente presa per non interrompere la costruzione del Potala, e per evitare che i regni confinanti, Mongoli e Quing, potessero trarre vantaggi militari o politici, nel fragile periodo di interregno tra la morte di un Dalai Lama e l’incoronazione del successivo.
Tsangyang Gyatso, il 6° Dalai Lama (1683-1706) fu ordinato nel 1697, contestualmente all’annuncio della morte del suo predecessore ma appena ventenne, nel 1702, decise di abdicare abbandonando la vita monastica.
Seguì quindi un periodo piuttosto oscuro: lotte intestine all’interno dell’impero mongolo portarono al potere una nuova famiglia la quale inaugurò un periodo di forti ingerenze nel governo del Tibet. Screditando il 6° Dalai Lama come impostore a causa del suo “grande rifiuto” e rimosso il reggente, il sovrano mongolo fece canonizzare un Dalai Lama fantoccio, da lui scelto, e senza alcun potere.
I Tibetani furono costretti con la forza ad accettare l’imposizione: infatti i cinesi, inizialmente restii ad accettare questo stato di cose, finirono con il sostenere la politica mongola, in cambio della promessa del pagamento di regolari tributi da parte dei mongoli residenti in Tibet.
Nel 1708, in accordo con le indicazioni lasciate dal 6° Dalai Lama al momento dell’abbandono, venne individuato il 7° Dalai Lama in un ragazzino di nome Kelzang Gyatso (1707 – 1757).
Questo Dalai Lama godette della protezione dell’imperatore cinese Kangxi e del suo successore. I cinesi assunsero quindi per la prima volta e in antagonismo con i Mongoli il ruolo di Protettori del Dalai Lama e del Tibet, lasciando ai Tibetani grande autonomia politica e religiosa. In realtà non fu un periodo molto pacifico: gli avversari del Dalai Lama e del protettorato cinese vennero sistematicamente sterminati nel corso degli anni, fino alla morte di Kelzang Gyatso, avvenuta nel 1957.
L’ 8° Dalai Lama Jamphel Gyatso (1758-1804) partecipò pochissimo alla vita politica del Tibet: più interessato allo studio e alla vita monastica, venne intronizzato nel 1762, insieme a un reggente che si occupasse del governo del Tibet fino al raggiungimento della maggiore età. Tuttavia le cose non cambiarono successivamente e dopo pochi anni di governo si ritirò a vita privata.
Dal 9° al 12° Dalai lama: un periodo oscuro
Lungtok Gyatso, il 9° Dalai lama, visse una vita molto breve (1805-1815) ma la sua figura rimane di grande spicco.
Intronizzato a Potala nel 1808 alla presenza di rappresentanti Mongoli, Cinesi , Nepalesi e originari del Buthan, venne conosciuto anche in Occidente. Infatti, nonostante le frontiere fossero state chiuse nel 1793, il britannico Thomas Manning riuscì a visitare il palazzo di Lhasa e incontrare personalmente il Dalai Lama.
I suoi resoconti sono entusiasti e descrivono il ragazzino come
“bello, elegante, raffinato ed intelligente, perfettamente padrone di se stesso nonostante la giovane età di appena sei anni”.
Lungtok Gyatso morì all’età di appena 11 anni, ufficialmente di polmonite.
Il 10° Dalai lama, Tsultrim Gyatso (1816 – 1837) era uno spirito semplice che si identificava più con le persone comuni che con i complicati apparati di corte. Inaugurò un importante progetto di riforme sociali ed economiche, volte a una ripartizione più equa e giusta delle risorse del Paese tra i suoi abitanti.
Dopo l’avvio di questo programma riformista, la sua salute peggiorò rapidamente, fino a portarlo alla morte a soli 22 anni. Gli studiosi concordano sul fatto che fu probabilmente assassinato attraverso un lento avvelenamento, ad opera degli stessi aristocratici tibetani, spaventati dalla possibilità della perdita di molti dei loro antichi privilegi.
L’11° dalai Lama, Khedrup Gyatso (1838-1856) venne individuato all’età di due anni, ed ordinato all’età di 6. Durante la sua infanzia si dedicò intensamente allo studio, mentre il periodo di Reggenza fu caratterizzato da numerosissimi intrighi di corte tra le diverse fazioni: le cronache narrano di deposizioni ed addirittura misteriose sparizioni di ministri ed alti funzionari.
Ritenuto finalmente degno e promettente, venne intronizzato a soli 17 anni. Tuttavia anch’egli ebbe vita breve e morì improvvisamente ed inspiegabilmente appena 11 mesi dopo.
Trinley Gyatso (1857 – 1875) fu riconosciuto come il 12° Dalai Lama a soli 2 anni; intronizzato a 4, assunse i pieni poteri politici a 17. Anche in questo caso, il periodo della sua minore età fu caratterizzata da intrighi di corte e colpi di stato.
In particolare, nel 1868 prese il potere un monaco semi-letterato, Palden Dondrup, che governò in modo brutale e sanguinario per i successivi 3 anni, mettendo a morte tutti gli avversari politici. Tale crudeltà gli si rivoltò contro nel 1871 quando, in un contro-colpo di stato, venne imprigionato e decise quindi di togliersi la vita. Figura di spicco di questa rivolta fu il reggente Khyenrab Wangchuk, che per questo motivo viene ricordato dai Tibetani come Salvatore del Dalai Lamato e del Tibet.
Nel 1875 comunque, dopo appena 3 anni dalla piena presa di potere, Trinley Gyatso si ammalò improvvisamente e morì.
E’ facile capire come il XIX secolo fu, per il Dalai Lamato, un periodo buio: il 9° e il 10° Dalai Lama morirono prima di aver raggiunto la maggiore età, il secondo sicuramente assassinato, mentre sulla precoce morte del primo si nutrono comunque forti sospetti. Anche l’ 11° e il 12° Dalai Lama, pur riuscendo a raggiungere la maggiore età, non governarono a lungo. Questo stato di cose causò un vuoto di potere di oltre 113 anni, periodo in cui la somma autorità sul Tibet fu praticamente sempre nelle mani di un Lama Reggente.
13° e 14° Dalai Lama: l’apertura al mondo e l’esilio
Il 13° Dalai Lama Thubten Gyatso (1876-1933) probabilmente anche a causa dei due esili patiti, fu il primo a rendersi conto dell’importanza delle relazioni internazionali.
Nel 1912 sottoscrisse un’ufficiale Dichiarazione di Indipendenza per il suo Paese ed istituzionalizzò un’ufficiale bandiera del Tibet, nonostante nessun regnante all’epoca riconoscesse il Paese come indipendente. Espulse quindi i rappresentanti Cinesi ed inaugurò un’importante opera di modernizzazione attraverso, tra le altre cose, l’istituzione di un corpo di polizia indipendente, l’abolizione della pena di morte, l’estensione dell’educazione anche al di fuori dei monasteri e l’introduzione dell’energia elettrica nella città di Lhasa negli anni ’20.
Infine il 14° ed attuale Dalai Lama, Tenzin Gyatso (1935-oggi) è probabilmente il più famoso Dalai Lama di tutti i tempi.
Fu costretto nel 1951 ad accettare l’Accordo in 17 punti per la liberazione Pacifica del Tibet, con il quale il Tibet veniva formalmente annesso alla Repubblica Popolare Cinese. A seguito della rivolta scoppiata in Tibet otto anni più tardi, temendo per la sua vita, volò in India, dove inaugurò un governo tibetano in esilio. Nel 2001 cedette parte del suo potere illimitato a un parlamento di Tibetani in esilio.
Tradotto ed estratto liberamente da https://en.wikipedia.org/wiki/Dalai_Lama
N.d.R. Lo so, Wikipedia come fonte è davvero troppo mainstream, ma facendo le ricerche per l’articolo precedente, mi è sembrato utile e più completo inserire almeno un riferimento, seppure sintetico, alle singole figure dei Dalai Lama. Prometto che mi farò perdonare con i prossimi approfondimenti.
L’immagine di copertina rappresenta il lignaggio dei Maestri Tibetani e dei Dalai Lama, appartenenti alla Scuola Gelugpa o “dei berretti gialli”.
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